Siamo andati a provare Nomisan, non solo per la nostra mania di provare tutti gli autentici ristoranti giapponesi di Roma, ma anche perché ci è stato suggerito da Elisa Ceccuzzi, un’amica che se ne intende di cucina e gestisce un blog (Kittyskitchen) che vi consiglio di seguire.
Dato che il periodo nero del Covid ci impone un isolamento dagli amici, mi è toccato ancora una volta andarci da solo con Simona, perché almeno andare a pranzo fuori con un convivente è consentito ed è un modo per aiutare i ristoranti che sono in difficoltà.
Il locale è molto semplice ed elegante, si sviluppa intorno e dietro alla cucina che si incontra subito, appena entrati sulla sinistra.
Le pareti sono bianche e tinteggiate a nuovo e ci sono appese varie stampe giapponesi che danno un pochino di colore, per terra c’è un pavimento ceramico effetto legno che sale anche sulle pareti per creare una sorta di fascia di sicurezza.
Crea un effetto molto piacevole e se dovessi pensare a rifare i pavimenti di casa, sceglierei una cosa molto simile.
Chiaramente abbiamo prenotato, è sempre consigliabile di questi periodi per i pochi tavoli a disposizione e le norme da rispettare che impongono anche la riduzione degli orari di esercizio.
Il locale è a gestione familiare, ci accoglie il marito italiano della signora giapponese che è impegnata in cucina con le due figlie a preparare da mangiare.
Il nostro tavolo si trova lungo la parete destra, ben distanziato da tutti quelli degli altri e le attenzioni per la pulizia e le norme sembrano maniacali, è quadrato, ma non troppo piccolo. La superficie è grigia ed ospita un runner e dei tovaglioli di carta sempre grigi, ma in toni più scuri.
I bicchieri sono molto eleganti ed ampi alla base, rispecchiano la tendenza all’eleganza del locale stesso.
Il menù è disponibile sia su carta sanificata che sul web, ma preferiamo quello cartaceo che ci da modo di scegliere meglio e con calma cosa ordinare, non c’è il tè tra le bevande, ma quando lo chiedo subito ce ne preparano uno.
Per ingannare l’attesa iniziale, ci offrono un entree dalla cucina, dei pezzetti di tonno fresco in tenpura, poggiati su un letto di alghe condite con una salsa Ponzu fatta dalla cuoca. Il tonno è molto saporito, leggermente croccante all’esterno e succoso dentro, le alghe sono davvero gustose, un ottimo inizio.
Il tè verde che ci portano è delicato, ma ha un buon retrogusto di erba che mi ricorda il Giappone, non riesco a capire che tipo di te abbiano usato, ma mi piace molto, credo vada bene con il pesce.
La cucina è visibile dalla sala, attraverso due piccole finestre ricavate nel muro, dalle quali fuoriescono i piatti ordinati, come una specie di magia.
Come portata principale, abbiamo ordinato due chirashi misti, che qui hanno un prezzo ragionevole. Si tratta di ciotole di riso per sushi, ricoperte sashimi di vari tipi di pesci.
Ci vengono serviti in dei bellissimi contenitori laccati, eleganti e colorati che i incantano e che dovrei comprare per preparare il chirashi a casa, farebbero una figura incredibile se dovessi usarli con degli ospiti. Dentro sono laccati scuri ed una volta tolto il coperchio sono una specie di sorpresa.
Il riso è ben cotto e condito, non è troppo mollo ne duro, si vede che sanno bene come prepararlo, il pesce è gustoso, anche se tutto abbattuto secondo le norme, si sentono bene i sapori e se ne capisce la qualità.
Ottima la capasanta che Simona non può mangiare per la sua allergia ai mitili nelle conchiglie, ma è straordinario anche il tonno rosso, che di solito non mi fa impazzire.
Per continuare sullo stesso argomento, abbiamo preso una barca da 40 pezzi di sushi, secondo Simona è troppo come quantitativo, ma so già che la finiremo senza alcun problema. Ci sono maki di tono rosso ed hosomaki e moltissimi nigiri.
Mi stupisce molto quello di alice, davvero gustoso e leggermente salato, con un gusto che esplode nel palato, donando un’esperienza piacevolissima.
Anche la ricciola è gustosissima, è forse tra i nigiri di pesce che preferisco, perché offre un gusto delicato che con un goccio di salsa di soia e con il wasabi diventa perfetto.
Il tonno rosso qui è eccezionale, anche meglio del salmone che rispetto a tuto il resto del pescato diventa la parte meno interessante nella barca.
Il digiti di mazzancolle è particolare, sarebbe stato ancora meglio se non fosse stato abbattuto, ma giustamente mi dicono che per evitare ogni rischio abbattono tutti i tipi di pesce utilizzati.
La capasanta ci viene servita a parte, per non contaminare gli altri sushi e fare in modo che Simona possa stare tranquilla, questa volta è meno gustosa di quella del chirashi, credo abbia la stessa provenienza, ma non mi da la stessa soddisfazione di quella di prima.
Per concludere in bellezza il pranzo, ho ordinato alla fine un pezzo forte, l’Otoro, un nigiri preparato con la ventresca di tonno, che è la parte più gustosa e grassa del ventre del tonno, si scioglie in bocca e rilascia un sapore unico.
Amo particolarmente questo sushi e mi ricorda quando vado nei ristoranti di sushi in Giappone e posso ordinare i tre tonni, maguro, chutoro ed otoro, un crescendo di sapori da mangiare in sequenza, davvero incredibile.
Quando chiediamo il conto ordino anche uno shochu, un distillato di prugne molto famoso in Giappone che amo particolarmente. Sono contento di aver provato un altro vero ristorante giapponese, non se ne può più di tutti quei falsi ristoranti gestiti dai cinesi che offrono finto e pessimo cibo giapponese a prezzi molto bassi. Qui il conto è stato di 115, forse un pò tanto se considerato quello che si spende in Giappone, ma nella norma per un ristorante in Italia che offre pesce di qualità e piatti preparati con maestria.
Posso sicuramente affermare che anche Nominan ha scalato le vette dei migliori ristoranti giapponesi di Roma, almeno per noi e sarà un punto di riferimento, quando avremo voglia di sapori autentici giapponesi.
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